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Il romanès come linguaggio dell’anima

Pubblicato da admin il

Le comunità romanì, dall’ India a Fabrizio De André.

di Alex Gisondi

Fabrizio De Andrè

Spesso parlando di Rom, Sinti  e spiritualità, viene alla mente il genio di Fabrizio De André e la sua produzione artistica sempre attuale e moderna, proprio perché fuori dagli schemi, critica nei confronti della società di appartenenza e vicina agli umili e agli emarginati, ossia coloro che per condizione o scelta deliberata subiscono gli effetti del potere o di una cultura alla quale non si conformano e ne vengono spesso schiacciati. Punta di diamante il suo album ‘Anime Salve’ scritto con Ivano Fossati, celebra la solitudine dell’animo umano, quella voluta o quella imposta che si fa discriminazione. “Una emarginazione che tra origine da comportamenti desueti e diversi da quelli della maggioranza degli esseri umani”. Tra i vari personaggi che affollano l’album dell’autore genovese, troviamo la comunità romanès nel brano ‘Khorakhanè’. I “Khorakhané” (alla lettera: “Amanti del Corano“) sono una  comunità romanì proveniente soprattutto dal Kosovo. Una canzone tristemente reale, che toglie il fiato, che racconta della popolazione  romanì e delle sue vicissitudini con una notevole abilità compositiva. Ma facciamo un piccolo passo indietro. Chi sono? Sappiamo davvero descrivere questo popolo senza stereotipi e pregiudizi?

Partiamo da un dato per niente secondario. Come spesso accade storiograficamente, a parlare delle minoranze sono sempre le cosiddette ‘classi dominanti’.  È accaduto ad esempio ai primi cristiani descritti dagli autori romani come una setta( nella accezione negativa del termine) o ancora ai nativi americani visti dagli occhi, appunto dominanti, degli invasori europei. Il popolo romanò non è stato esente da questo processo. Da sempre a parlare dei Rom, Sinti, Kalè, che insieme a tantissimi altri gruppi e sotto gruppi formano la popolazione romanì, sono stati i non appartenenti al mondo romano’, i cosidetti Gage. Questo ha prodotto con il tempo, una storia mistificata e lontana dalla verità.  Grazie a nuovi studi e studiosi appassionati e competenti, oggi abbiamo finalmente un quadro chiarissimo di questo popolo dalle mille sfaccettature. Le  origini vanno ricercate in un territorio compreso a Nord-Ovest dell’India tra il Sindh, il Punjab, il Rajasthan, l’Uttar Pradesh, l’Afghanistan Meridionale e l’attuale Pakistan. Al contrario di quello che la cultura erronea diffusa “professa”, la maggior parte delle comunità romanès, prima dell’emigrazione dall’India, hanno formato una parte importante dello strato elevato della popolazione indiana quali erano i Rajput. Immagine agli antipodi della visione del rom povero, sempre in viaggio. Solo a causa di eventi superiori, come spesso accade con le migrazioni, il popolo romanò comincia questa grande emigrazione, che gradualmente li porterà  principalmente in Europa ma anche in molte altre parti del mondo. Chiusa questa breve ma necessaria parentesi storica, ripercorriamo il nostro tema “interiore”.

La spiritualità occupa un ruolo importante ma per capirne l’ importanza che ha per i Rom e i Sinti la religione, bisogna risalire alle origini di questo popolo. Ci sono grandi differenze tra i diversi gruppi del popolo romanò: alcuni sono musulmani, altri cristiani ortodossi, altri cattolici o luterani. Alcuni festeggiano il Natale e la Pasqua, altri che festeggiano il Bajram ed il Kurban Bairam. Alcuni elementi di origine indiana sono comuni, pur essendo stati affiancati da valori appartenendi alle religioni dei paesi ospitanti. Comune a tutte le comunità romanès è la credenza negli spiriti dei morti e la fede nel Destino (fortuna). Ci sono poi alcuni miti, come quelli riferiti all’acqua o quello della battaglia e della vittoria di Indra, che costituiscono un patrimonio religioso comune. Indra è una delle grandi divinità induiste assieme a Shiva e Vishnu. Quest’ultima, si sarebbe presentata agli uomini come Rama; c’è chi sostiene che il nome rom ( o roma ) significhi proprio figli di Rama. Ci sono poi alcuni “santi” comuni a rom e sinti sia cristiani che musulmani, in particolare Bibi (o Sara) la Nera e San Giorgio, santo protettore dei rom europei e festeggiato il 6 Maggio. Se poi attualizziamo queste informazioni, rifacendoci  alla spiritualità nell’arte, in particolare quella di Fabrizio De Andrè, in queste “giornate furibonde”,  in questo clima di crescente razzismo, la sua canzone ‘Khorakhanè’ assume un valore speciale.

I Rom sono qui dipinti come un popolo senza una vera casa e per questo totalmente liberi e privi di condizionamenti economico-sociali. Da qui la metafora, il senso del pezzo: la vita è come il viaggio di un Rom, che parte senza sapere la meta e senza, soprattutto, curarsi di questa, perché il fine diventa solo un interessante particolare, non lo scopo dell’esistenza umana, “per la stessa ragione del viaggio: viaggiare…” In più Faber, come umilmente anche UCRI cerca di fare ( unione delle comunità romanès in Italia),  con questa canzone cerca di  aprire uno squarcio nella conoscenza dei Rom, un gruppo estremamente complesso da capire e sconosciuto dalla maggioranza delle persone se non tramite qualche sporadico caso di cronaca minore o per piccoli furti; desiderava dunque sia aprire il sipario su questo popolo così magico, resistente a tutte le persecuzioni ed eternamente identici a se stessi e fedeli e coerenti alla loro cultura nonostante il mutare dei tempi;

Mi piace riprorre per intero il suo discorso di presentazione al brano, nel lontano 1998 :

 “(…) è il caso del popolo Rom, quello che noi volgarmente chiamiamo “Zingari” prendendo a prestito

il termine da Erodoto, che li chiamava “Zinganoi” – diceva che era un popolo

che veniva dal sud-est asiatico, dall’India, che parlavano una strana lingua –

che poi si è scoperto essere il Sanscrito – e che facevano un mestiere (se

mestiere lo si può considerare): quello del mago e dell’indovino. E’ quindi un

popolo che gira il mondo da più di 2000 anni, afflitto o affetto – io non so

come meglio dire, ma forse semplicemente affetto – da quella che gli psicologi

chiamano “dromomania”, cioè la mania dello spostamento continuo, del viaggiare,

del non fermarsi mai in un posto. E’ un popolo, secondo me, che meriterebbe –

per il fatto, appunto, che gira il mondo da più di 2000 anni senza armi –

meriterebbe il premio per la pace in quanto popolo. Purtroppo i nostri storici

– e non soltanto i nostri – preferiscono considerare i popoli non soltanto in

quanto tali ma in quanto organizzati in nazioni, se non addirittura in stati, e

si sa che i Rom – non possedendo territori – non possono considerarsi né una

nazione né uno stato. D’altra parte si difendono come possono; si sa bene che l’industria ha fatto chiudere diversi

mercati artigianali. Buona parte dei Rom erano e sono ancora artigiani,

lavoratori di metalli (in special modo del rame), addestratori di cavalli e

giostrai – tutti mestieri che, purtroppo, sono caduti in disuso. Mi si dirà che gli zingari

rubano, è capitato anche a me, qualcuno, è vero, però io non ho mai sentito dire – non l’ho mai visto scritto da

nessuna parte – che gli zingari abbiano rubato tramite banca. Questo è un dato

di fatto”.

Sulle orme di Faber, della sua sensibilità, si dovrebbe improntare lo stile per l’educazione e la conoscenza di questo popolo ma non solo. Ci si accorgerebbe, davvero, che lingua “parlata” dal  nostro viaggio per eccellenza, la vita, è  il romanì ; e se anche a volte la si potrebbe comprendere poco, ascoltandola, con pazienza, sgombrando la mente da stereotipi e fake news , si può tornare a godere di uno dei sentimenti più belli dell’essere umano, caduto in disuso da metà 900’ in poi: l’empatia, la condivisione del pathos, così da ritornare a vedere se stessi nell’ “altro”.  Citando uno dei più grandi studiosi del popolo rom, nonché attivista in prima linea, Santino Spinelli,  il mondo della popolazione romanì,  “è  un lungo viaggio-racconto, occorre rilassarsi per ascoltare col cuore prima che con l’orecchio”.

Fonti: 

  • Fabrizio De André. Volammo davvero , La nave di Teseo, 2021;
  • Fabrizio De Andrè, FABRIZIO DE ANDRÉ IN CONCERTO,  Nuvole Production S.r.l., 2004;
  • S.Spinelli, Rom, genti libere. Storia, arte e cultura di un popolo misconosciuto , Baldini&Castoldi, 2014;
  • http://www.eurorom.org/.

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